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La crisi del lavoro secondo l’ILO

05 Mag 2012
Daniela F
Analisi Tecnica, Macroeconomia

Il rapporto appena pubblicato dall’ILO punta il dito contro le politiche economiche adottate da molti paesi, che restano concentrate sull‘austerità fiscale piuttosto che sul rilancio dell’occupazione.  Una scelta che, sottolinea la pubblicazione dell’ILO, in diversi casi non è stata utile a risanare i conti ma in compenso ha aggravato la crisi del lavoro, ma in «molti paesi dell’Eurozona sul rigore fiscale sta aggravando la crisi occupazionale e potrebbe addirittura portare ad una nuova recessione in Europa».

Gli unici sei paesi industrializzati che dal 2007 ad oggi hanno aumentato l’occupazione sono Austria, Germania, Israele, Lussemburgo, Malta e Polonia.

Secondo la scheda del report dedicata all’Italia: il tasso di occupazione a fine 2011 indicava 56,9 % (sotto i livelli pre-crisi) mentre la disoccupazione in Italia (9,7 %) saliva dell’1,9 % sul 2010 (al top da 10 anni), risultando in termini reali anche più alta  considerando anche i lavoratori in cassa integrazione (che formalmente non risultano disoccupati):

  • La disoccupazione giovanile al 32,6 % è più che raddoppiata dal 2008.
  • I disoccupati di lunga durata (51,1 % del totale, sopra la media mondiale).
  • I Neet (giovani che non studiano, nè lavorano o frequentano corsi di formazione) sono 1,5 milioni.

Peggiora anche la qualità del lavoro: aumento dei contratti precari, con il tempo determinato e il part-time rispettivamente al 13,4 % e al 15,2 % dell’occupazione totale.

Il part-time nella metà dei casi è imposto, percentuale che sale al 68 % per il tempo determinato. Anche questo è un trend internazionale: il part-time involontario è cresciuto in due terzi delle economie avanzate, il tempo determinato in oltre la metà di queste economie.

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